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Epopea di teatro d’oggetti e di figura per adulti francofoni
« Vous ne parlez pas allemand ? Mais tant mieux ! »
Per fortuna che non ho mai dovuto imparare il tedesco: è una lingua così difficile… e così seria! Ma nella pièce «The Game of Nibelungen» di Laura Gambarini e Manu Moser viviamo un dèjà-vu perché, sia che siamo «francofoni», «germanofoni» o altro-foni, a scuola ci siamo andate/i tutte/i. Questo viaggio nell’infanzia non inizia con un biglietto, bensì con la consegna di un giubbotto catarifrangente per muoversi ‘in sicurezza’ per le strade della città: sempre a due a due, che il nostro corpo ricorda come fosse ieri. Una volta a scuola e poi in classe, ci attende LA MAESTRA. Che abbia il senso della missione si capisce al volo, ma, ahimè, parla solo tedesco! E, come se non bastasse, brandisce un «Reclam», uno di quei libricini giallo limone del canone letterario tedesco. E, per giunta, proprio i Nibelunghi! Tutt’altro che leggero, questo è uno dei più antichi e sanguinosi testi letterari in assoluto, scritto nel più alto tedesco medio che ci sia! L’epos nazionale tedesco, nientemeno.
«Uns ist in alten mæren – wunders vil geseit …». Ma prima che nella classe elementare troppo cresciuta finisca per regnare la frustrazione, arriva l’adesivo in premio. Perché, senza rendercene conto, abbiamo già compreso il primo capitolo della storia. La maestra si esprime chiaramente, con un metalinguaggio si potrebbe dire. Senza badare a perdite sul campo, afferra tutto quello che può aiutare a far confluire il francese nel linguaggio universale: alla lavagna entrano in azione i gessi che vengono annientati come soldatini, il righello diventa una lancia. Lo straccio diventa il pappamolla regale della storia e Sigfrido, l’eroe che ha ucciso il drago, ha la corazza, ma per il resto assomiglia in tutto e per tutto a una bottiglia. Nonostante il tutto si svolga nell’aula di una scuola primaria, sia la narrazione che l’originale non sono propriamente adatti a un pubblico di minorenni e alla fine - ma è sempre stato così o è a causa dello Zeitgeist? - le donne avranno la meglio. Comunque sia, a caro prezzo.
Laura Gambarini, vodese d’origine e «une bilingue» con la missione di colmare il Röschtigraben*, di superarlo o almeno di smascherarlo come mera barriera mentale, ha studiato letteratura a Losanna e mimo e pantomima a Berlino. Il suo campo d’azione è lo spazio pubblico, il teatro di strada e il teatro d’oggetti e di figura. Con la regia di Manu Moser, con la sua schiettezza folkloristica e insieme all’intera armata dei Nibelunghi, Laura Gambarini ne fa un brillante one-woman-show che porta in un’aula scolastica di Friburgo. Magari fosse stato così anche ai nostri tempi! Avremmo studiato germanistica e finito per imparare inavvertitamente il francese.
Julie Paucker
*Il Röstigraben è una barriera immaginaria di patate grattugiate tra la Svizzera francofona e la Svizzera tedesca.
Con
Laura Gambarini
Drammaturgia
Laura Gambarini
Regia
Manu Moser
Collaborazione
Regia Jennifer Wesse
Costumi
Marie Jeanrenaud, Célien Favre, Coralya Wühl
Assistenza tecnica
Jean-Sébastien Ledewyn
Fotografia
Vincent Guignet
Diffusione
Samuel Perthuis (BravoBravo)
Amministrazione
Brigitte Laurent
Produzione
Compagnie du Botte-Cul
Coproduzione
CCHAR - Centre de Création Helvétique des Arts de la Rue
Sostegno
Loterie Romande, Fondation Jan Michalski pour l’écriture et la littérature, Prix culturel de la Coquette Morges, Fondation Oertli, SIS - Schweizer Interpretenstiftung, Fonds culturel de la Société Suisse des Auteurs (SSA), association professionnelle t., Scènes communes (théâtres Benno Besson, Beausobre, Echandole, Grand-Champ, Pré-aux-Moines)